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Diventare pilota professionista è un’utopia per le donne?

26/06/2022
Lisa Cavalli
Pubblicato in: ,

Da un paio di mesi le donne del calcio sono riuscite nell’impresa di essere riconosciute come professioniste. Purtroppo le pilote non stanno avendo la stessa fortuna e non sembra di vedere qualche cambiamento per il prossimo futuro. 

La riflessione va fatta, soprattutto per rendere merito alle pilote che da anni stanno lottando e dedicando la vita al motociclismo. Dopo aver letto un approfondimento sulla rivista spagnola Solomoto, ho voluto scriverne qui su MissBiker visto che in Italia non se ne parla.

Nel calcio la donna diventa professionista

La FIGC ha preso posizione dopo anni e quella italiana sarà la prima federazione ad avviare questo percorso nel mondo del calcio. Ma cosa cambia per le donne? Poco in verità, ma è un inizio.

Dal 1°luglio 2022 i rapporti del calcio femminile saranno tutti regolati secondo gli schemi contrattuali del professionismo sportivo. Questo significa che alle atlete sarà garantito il riconoscimento delle tutele lavorative, previdenziali e assicurative previste per i lavoratori e quindi al pari dei propri colleghi calciatori. Attenzione, non vuol dire che gli stipendi saranno equiparati ma almeno potranno avere un minimo salariale pari a quello dei calciatori di Serie C (fissato in 26 mila euro annui).

Kiara Fontanesi: un grande cambiamento di prospettiva

Il motocross è il mio stile di vita, ma non è la mia vita. La gravidanza e l’illusione di essere madre mi hanno spinto a fermarmi e staccarmi dal motocross, a non dipendere dalle gare o a prestare attenzione a quello che facevano le mie rivali in ogni momento.

Con i suoi sei titoli mondiali, Kiara Fontanesi è la motociclista che ha vinto più volte la Coppa del Mondo di motocross da quando è iniziata nel 2005. Sono rimasta scioccata quando ho letto che la sua popolarità in Spagna è dovuta alla sua passata relazione con Maverick Viñales piuttosto che per i suoi successi sportivi. Cosa aggiungere?

Dopo aver vinto il titolo 2018 l’italiana si è resa conto che la sua vita richiedeva urgentemente una pausa dopo un anno con molta pressione a causa di gare e allenamenti eccessivi. Ma non tutte le atlete possono permettersi una parentesi come quella di Fontanesi.

Sono ancora tante le disuguaglianze

La donna con più record nella storia del motociclismo è Laia Sanz. La catalana ha conquistato (finora) 14 campionati del mondo di trial femminile, 10 campionati europei di trial femminile, 7 Trial delle Nazioni femminile, 6 campionati del mondo di enduro femminile e ha all’attivo 11 partecipazioni in moto alla Dakar (miglior risultato 9a).

A 36 anni è di certo la donna di riferimento nel motociclismo femminile mondiale. La pilota spagnola ha più titoli mondiali della somma di quelli vinti (finora) da Marquez e Rossi assieme. Tuttavia, in tutta la sua vita agonistica probabilmente non guadagnerà nemmeno la metà di quanto guadagna in mezza stagione una delle due stelle della velocità, nonostante Laia sia la regina assoluta tra le donne pilota.

Emma Bristow ha preso le redini del trial dopo che Laia Sanz si è dedicata alla Dakar (lo scorso anno la spagnola è tornata e ha vinto nuovamente il mondiale ma ora è più concentrata sulle 4 ruote). La 31enne britannica ha seguito le orme di Laia non solo nei risultati sportivi (7 mondiali vinti), ma anche nel suo passaggio al professionismo.
Nel trial però ci sono poche atlete e pochi avvicendamenti sui gradini del podio. Bristow in assenza di Sanz è difficile a battere. Poi troviamo quasi sempre Berta Abellan e Naomi Monnier seguite dall’italiana Andrea Sofia Rabino (vincitrice del mondiale femminile Trial2 lo scorso anno).
Nel 2020 la versatile Sandra Gómez, 28 anni, ha ancora una volta abbinato il Trial (in cui è impegnata da più di diciotto anni) con l’Enduro. In questa specialità ha stupito classificandosi al ventitreesimo posto (prima donna tra più di cinquecento partecipanti), nel Rodeo di Erzberg e di vincere la medaglia d’oro per essere stata la prima donna nella storia ad aver terminato le temibili Romaniacs.

Il Trial è lo sport più povero

Non tutti i marchi supportano le donne pilota come fanno Sherco con Bristow o Vertigo con Berta Abellán. In quest’ultimo caso, la vicecampionessa del mondo è comunque costretta a “pagare di tasca propria il resto delle spese, sia per il materiale (moto e ricambi), oltre agli allenamenti e alle trasferte del calendario nazionale”.

La pandemia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La situazione già problematica ha spinto molte pilote ad appendere i caschi al chiodo. Clamorosa la storia di Neus Múrcia, ex-campionessa di trial spagnola e quarta ai Mondiali 2019 che ha chiuso la sua carriera.
Durante la sponsorizzazione il suo marchio (Gas Gas) l’ha aiutata solo con il trasferimento della motocicletta e della sua manutenzione ma doveva accollarsi il trasporto della stessa allo stabilimento di Salt (Girona).
I produttori del casco, degli stivali e dell’abbigliamento tecnico le hanno fornito il materiale necessario, ma il resto delle spese è sempre stato coperto dai suoi genitori, fino a quando non hanno posto fine a quella che era stata una perdita economica.

Come riporta Solomoto “Múrcia aveva offerte da altri marchi per continuare, ma le condizioni non erano molto diverse da quelle di Gas Gas.  Prima di lasciare il trial, Neus – che guida la moto dall’età di tre anni – aveva chiesto solo un piccolo aiuto compreso tra 500 e 1000 euro al mese, a cui non è mai stata data risposta.”

Uguaglianza difficile da raggiungere

Le case motociclistiche affermano che il mercato del trial è molto piccolo (vero), e che la vetrina che rappresenta la competizione femminile non porta vendite (discutibile).
Senza un ritorno economico tangibile non sono disposti a investire in questo senso. Ma è chiaro che se non ci saranno più donne a dar loro visibilità, la situazione non potrà mai ribaltarsi. È il pesce che si morde la coda.

I brand preferiscono investire nei ragazzi . E questo si nota anche nella categoria TR2 , riservata ai piloti meno esperti di quelli dell’Elite. Nonostante logicamente i loro stipendi siano lontani anni luce da quelli di Toni Bou, il campione di questa seconda divisione può guadagnare, tra stipendio e bonus incentivi, un massimo di 30.000€…che è molto di più di quanto Neus Múrcia ha chiesto, per esempio.
Nel caso di Bou, Montesa può permettersi di tenerlo a libro paga grazie al contributo della casa madre, Honda-HRC, e al supporto di un importante sponsor come Repsol.

Ana Carrasco: Ride Like A Girl

A livello internazionale, nel 2018 Ana Carrasco è diventata la prima donna a vincere un mondiale: la Supersport 300. Purtroppo nel 2020 ha subito l’incidente più importante della sua carriera sportiva, dal quale si sta ancora riprendendo nonostante una bellissima vittoria lo scorso anno e la nuova sfida della Moto3.
La pilota di Murcia è senza dubbio un punto di riferimento per tutte le ragazze che sognano di raggiungere il Mondiale SBK o, perché no, la MotoGP. 

Questo sport è molto difficile per tutti, sia per un ragazzo che per una ragazza. Ovviamente non ci sono mai abbastanza opportunità per tutti, alla fine ci sono tanti piloti che vogliono arrivare al Mondiale e ci sono pochi posti. 
Il fatto di essere donna in alcune occasioni mi ha davvero reso le cose più difficili, ma non so dire se in altre è stato più facile. 
Penso che il fatto di ottenere buoni risultati, che le persone vedano che una donna può essere competitiva, sia qualcosa che possa in qualche modo aiutare. Non credo che le opportunità inizino a cadere dal cielo, ma che sia un processo lungo, soprattutto bisogna essere costanti nell’ottenere buoni risultati.

Altra pilota molto conosciuta è di certo Maria Herrera, prima donna a vincere le gare CEV e attuale pilota di SuperSport 300 e Moto-E.

Dal mio punto di vista, non ho mai voluto una distinzione tra uomini e donne nel motociclismo perché possiamo guidare meglio o come loro, il problema qui è che il potenziale di ognuno non viene valorizzato o visto, né ci si fida delle donne quando si crea una buona squadra.

Dalla sua fondazione nel 1949, solo 5 donne sono riuscite a segnare punti in MotoGP, Moto2 e Moto3. Un fatto che definisce il motociclismo di velocità come uno sport dove la partecipazione delle donne è oggi del tutto marginale.

Taru Rinne e le altre pilote

Taru Rinne , pilota finlandese, ricordata soprattutto per la sua prestazione ad Hockenheim nel 1989, nella categoria 125cc. Nelle prove libere era stata vicina a ottenere la “pole position” arrivando poi seconda, superata solo dall’italiano Ezio Gianola.
In gara ha lottato per la quarta posizione finendo infine settima. Nessuna donna è riuscita a raggiungere un livello così alto in griglia di partenza. 

Anni dopo, la giapponese Tomoko Igata ha conquistato 30 punti tra il 1994 e il 1995. Nel 2001, la tedesca Katja Poensgen è sbarcata nel Campionato del Mondo 250cc, aggiudicandosi due punti.

ph. credits:
copertina: @laiasanz profilo ufficiale
Kiara Fontanesi: @monsterenergy
Ana Carrasco: @anacarrasco profilo ufficiale

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