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Due rosse a spasso per l’Europa: intervista a Valentina Bertelli

12/12/2018
Lisa Cavalli
Pubblicato in: ,

Quando ho saputo della possibilità di intervistare “la Val”, ho detto subito “SI”! Sì, perchè Val è prima di tutto una mia cara amica.

Sono davvero felice di poterle fare qualche domanda, perché seguo con sincero affetto le peripezie e i viaggi di questa rossa di fuoco, ci sentiamo spesso, ci confrontiamo e ci confidiamo. Per questo ho idea che questa intervista sia come un caffè tra due care amiche, solo che dobbiamo cercare di essere, o almeno sembrare, un tantinello più serie di quello che siamo davvero!

Come detto, io e Valentina ci sentiamo spesso e ci raccontiamo le cose belle che stiamo facendo o che stiamo per fare, ma questa intervista è forse l’occasione per sviscerare alcuni accadimenti, per fare domande che possano andare a fondo della sua esperienza e per condividere con tanti altri motociclisti le sue avventure.
Ho conosciuto Val perchè ha partecipato ad uno dei corsi di guida sicura del MaidaMotoMaster che organizzo periodicamente nelle Marche. Impossibile non notarla quando è arrivata: rossa come la sua 999, energica, difficile, curiosa, indomabile, passionale, testarda come lei. Come poteva non diventare mia amica?

Val, fammi essere la tua Lilli Gruber e cominciamo con le domande!

Come sei diventata una biker? E perchè con la 999? Come è arrivata fino a te?

Non lo so! Subisco da sempre il fascino delle due ruote, nonostante mia mamma mi abbia costantemente avversata. Mi concesse un “cinquantino” da ragazza, per poi limitare i miei spostamenti da “qui a lì”. Che frustrazione. E, per la classica legge del contrappasso, qualche anno dopo sono passata a un missile terra-terra!
In realtà la mia prima moto è stata un Monster 600 a carburatori. Del 1996. Una moto sgarrupata, dall’accelerazione lenta con la frizione a bagno d’olio. Non faceva nemmeno “tin tin tin”, scherziamo?!
Ad un certo punto mi sono trovata ad un bivio: continuare a rattopparla o passare ad una nuova moto… Il mio ex – ragazzo mi esortava a mezzi più docili e concilianti, specialmente alla luce della mia conclamata incapacità di guidare! (Ebbene sì: sono una delle tante che, appena patentata – e pure a lungo direi – era davvero “impedita”).
Ma io mi ero già abituata alla sua, nera come la pece, e me ne ero innamorata. Tipo Spiderman che viene contagiato, rendo?

Non è certamente una moto da viaggio, eppure tu con questa moto ci fai letteralmente qualsiasi cosa. Volere è potere? Chiunque può solo se lo vuole?

Non lo so… è una domanda che mi sono posta spesso, nella vita. Non ce l’ho una risposta, ma sicuramente vale per me. Mi ci è voluto tanto tempo per prendere confidenza con quella moto, che sicuramente non è immediata né comoda né adatta. Però io ero decisa e innamorata di quella bestiola e siamo arrivate ad un ottimo compromesso.
Cominciare qualcosa con uno strumento un po’ fuori portata allunga i tempi, quindi “volere è potere” si è rivelato un progetto molto, ma molto lungimirante (e nemmeno tanto certo e prevedibile). Quindi, forse, sì…
Non avevo probabilmente il talento, però la voglia, la tigna, l’impegno mi hanno fatta arrivare ovunque!
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei… Beh. Le compagnie sono state davvero determinanti, questo sì. E poi con qualche aggiustamento la Ducati 999 ad oggi si è prestata senza grandi problemi. In fondo, chi lo stabilisce cos’è e come deve essere un viaggio? Mi piace stressarla un po’, quindi portarla anche laddove non dovrebbe. Però, finché la tagliando, lei risponde bene e nessuna delle due patisce nulla… chi l’ha detto che non si possa? Qual è la definizione di viaggio? E di viaggio in moto? Vale solo se hai l’endurona e puoi cavalcare le dune del deserto? Perché viaggiare con la 999… e perché no!?!?

Raccontami il tuo primo viaggio.

Un weekend fuori porta di tre giorni con degli amici e il moroso. Il primo con la 999 e ne ero veramente emozionata!!! Nulla di che, si era fatto un bel giretto per l’appennino ma per me rappresentava tanto.
Ricordo ancora lo zaino enorme sulle spalle e la borsa da serbatoio… per un solo fine settimana. Di certo, viaggiare in 999 mi ha insegnato ad essere essenziale!!! Ricordo anche l’Abetone che “affrontavo” per la prima volta. Ora è routine, ma in quel momento era un grande passo. Fortunatamente iniziavo a essere più sciolta e i miei amici si sono rivelati molto comprensivi: non avrei retto, emotivamente, un weekend lungo se mi avessero “ricoperta” di ansia!

E cosa mi dici della Gibraltar Race?

Ho conosciuto la Gibraltar Race grazie ad un amico che ci ha partecipato: sentire i suoi racconti mi ha entusiasmata e io, che già da bambina ero rimasta affascinata dalla Dakar, ho pensato che avrebbe potuto essere un altro stimolo, un altro sogno, un’altra sfida.
Il mio intento era parteciparvi ed essere la prima donna a farlo (per poi scoprire che nel 2018 se ne sono iscritte due), ma mi mancavano sia la moto che i fondi adatti! Nel frattempo, però, Giacomo mi ha presentato gli organizzatori della Gibraltar Race, con cui è nato un feeling senza tempo già da subito e quindi, senza nemmeno pensarci troppo, loro mi hanno contattata per far parte dello staff e io ho risposto “sì”!
La Gibraltar Race è una gara fighisisma e, anche lavorarci, è un’esperienza particolare che è fatica spiegare. Faticosa, sicuramente, ma considerato che ho pianto mezza giornata, durante il viaggio di ritorno, direi che mi abbia sicuramente segnata. Certamente richiede spirito di adattamento e di sacrificio, ma pure socievolezza e capacità di lavorare in team e sotto stress. Tre settimane surreali, durante le quali viaggi incessantemente senza, però, goderti realmente il panorama. Non è un tour guidato, e questo mi è dispiaciuto enormemente. Però sono tornata a casa carica, piena di emozioni e di risposte a domande che non credevo di avere, prima di partire! E comunque, se siete curiosi, proprio di questi tempi RoadBook ha mandato in stampa il suo numero 8 dove racconto per bene cos’è, in un articolo dettagliatissimo. Perciò tutti a comprare RoadBook!

Sei recentemente tornata da un viaggio in Spagna e Portogallo. So che è stato anche un viaggio impegnativo emotivamente. Ci racconti qualcosa in più?

Il viaggio… è stato un viaggio. Non una vacanza, come qualcuno l’ha definito e ci tengo a questa precisazione.
Avrebbe dovuto durare due, massimo tre settimane. E invece sono arrivata a sei! Mi sono accorta di avere del tempo in più. Ero ancora in pieno budget e perché non sfogare la mia sete di curiosità! Tanto per riprendere una domanda che mi hai fatto… il mio passo è stato fin troppo commisurato alla gamba. Ad un certo punto mi sembrava tutto troppo facile, ma questo non ha tolto certamente gusto o piacere o emozione al viaggio.
Questi non si commisurano necessariamente alle difficoltà dello stesso. Può essere emozionante anche solo la gita al mare di domenica, se la si affronta con un certo spirito. Questo viaggio è emozionante perché il primo, da sola, così lungo e lontano da casa – in moto. L’anno scorso sono andata in Sicilia, in inverno, e per me era stato un battesimo. Più o meno, quest’estate, idem.
Il mio intento era attraversare tutti i paesi da casa a casa. Mi manca Monaco, perché al ritorno ho accelerato per una e emergenza, altrimenti ho toccato San Marino, Francia, Andorra, Spagna, Gibilterra e Portogallo. Ho sempre ignorato cosa ci fosse oltre i Pirenei – Gibilterra esclusa – e ho deciso che fosse ora di iniziare a scoprirlo. E me ne sono innamorata follemente! La Spagna poi è grande, così grande da offrire tanti punti di vista differenti quindi passare dalla Catalunya alla Murcia, ad esempio, è stato stranissimo. Mi sembrava si essere in pieno deserto, quando invece arrivavo da zone ben più rigogliose.

A cosa hai rinunciato per poter inseguire i tuoi sogni e superare i tuoi limiti?

In realtà, ad oggi, a non troppe cose. Chi mi conosce, chi mi ama sa come son fatta: ho bisogno di viaggiare, di muovermi, di sperimentarmi… Perciò, sarebbe inutile accompagnarsi a persone che non riuscissero a comprenderlo o ad accettarlo. Ho un ragazzo, da poco tempo, che mi conosce da qualche mese: beh, lui ha vissuto, da spettatore, tutto il mio ultimo viaggio. Gli ho dato una chance proprio perché ha visto prima cosa gli tocca e non ha battuto ciglio! Anzi: ha avallato i miei prossimi progetti, supportandomi tanto. E’ il mio primo fan!!!!!!!
Ho rinunciato a qualche ora di serenità, quello sì, ogni volta in cui mi si prendeva in giro o mi si derideva, ma… a parte un “fracco” di soldi spesi, ci ho solo guadagnato!!! Quando viaggi non spendi. Guadagni.

Quanto conta l’amicizia nei tuoi viaggi? E quanto invece il bisogno di stare da sola?

Mh… Beh: contano entrambi.
L’amicizia ha varie sfaccettature. Ci sono gli amici che lasci a casa e quelli che incontri per strada. I primi, sono quelli che attendono il tuo ritorno perché non vedono l’ora di conoscere ciò che hai visto (questa una delle cose più emozionanti di ogni viaggio, breve o avventuroso che sia) e mi fa capire quanto l’amicizia sia quella cosa per cui una persona prima ti chiede come stai, e poi sta ad ascoltare anche la risposta.
Sono tornata da un viaggio di sei settimane, in moto, in solitaria. Sono una persona normalissima, ma ci sono persone – anche qualche parente – che non hanno avuto nemmeno un briciolo di curiosità e che anzi, al mio accenno alle mie velleità, mi hanno pure presa in giro. Ci sono rimasta male, in effetti. Tocca mandare loro una cartolina dalla Kamtchacka non appena ci arrivo.

Il bisogno di stare sola è determinante.
Sono figlia unica, una ex timida, molto introspettiva: sono cresciuta “sola”. Ho bisogno di starci, spesso. Non fraintendermi… mi conosci, sai bene quanto sia socievole! Però mi devo ricaricare e viaggiare senza nessuno è anche catartico. Paradossalmente conosci molta più gente così che in compagnia (o, perlomeno, in coppia) e non mi riferisco al binomio “donna da sola – uomo che ci prova”, anzi.
Accade tranquillamente anche a tutti i miei amici mammiferi maschi che si spostano da soli!
Viaggiare da soli è proprio un’altra cosa! Dalla responsabilità delle proprie azioni, alla gestione dei tempi – se non sei molto disciplinato, rischi che una mattina ti alzi alle 10 e parti alle 12 e non c’è nessuno che ti sproni.
Nomi a caso, eh? –
Viaggiare da sola è bellissimo. Un neo è l’impossibilità, per quanto bravi si possa essere a narrare le proprie gesta, di riportare le proprie sensazioni a chi non era lì. Pertanto, la mancata diffusione e condivisione. Quel ”non puoi capire” che può sembrare borioso ma non lo è affatto! Non so se mi spiego: non “mi manca qualcuno con cui fare le cose”. Ma mi dispiace che tu non abbia potuto con-dividere quelle cose.

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere un viaggio in solitaria ma ha paura di farlo?

Prova!!! Se non provi, se non ti metti alla prova, non saprai mai dove riesci ad arrivare, no? Frase tanto fatta quanto veritiera. Forse, in prima battuta, cercherei di capire che tipo di paura sia. Se quella di stare da soli, con se stessi. O paura, vergogna, di muoversi da soli. C’è chi fa fatica a fare colazione al bar, seduto al tavolo, se non ha compagnia. Credo sia un po’ indole, però credo anche che ci si possa lavorare su. Consiglierei, magari, di fare il passo lungo quanto la gamba e di non eccedere. Sono la prima ad essere, talvolta, improvvida e incline ai guai – mooolto incline – però un po’ di sale in zucca non guasta e girare in moto non è come farlo in auto o in aereo. La moto, di per sé, è “rischiosa”. Insomma, basta una banalità, che però può diventare un problema.
A volte sono caduta e rimasta sotto la moto: se nessuno mi avesse vista, sollevandola, forse sarei ancora lì! Ma vivere con la paura non è vivere. Credo si debba fare un po’ i conti con se stessi e prendere coscienza. Le prese di coscienza sono il primo passo verso tutto, viaggi inclusi. Si potrebbe anche provare a sperimentarsi con qualcosa di piccolo: che ne so, un weekend. In zone civili e civilizzate, dove poter raggiungere chiunque, in poco tempo, o addirittura tanto vicino a casa da tornarci in caso di … panico?
E poi c’è il contatto con se stessi. Viaggiare da soli spesso spaventa per questo.
E allora, forse, consiglierei prima una giornata in silenzio, senza troppa tecnologia e con socializzazione ridotta per capire se sia sopportabile. Non è scontato trovare una connessione internet funzionante né, tantomeno, degli esseri umani – che parlino la tua lingua o una che tu conosci -. E quindi, che fai? Che sia leggere o pensare o fare l’uncinetto, un modo per resistere al “vuoto” te lo devi inventare!
E se fosse paura del fallimento? Cominciamo a sottolineare un punto: falliscono i progetti, non le persone (la frase non è mia!). Però chi fallisce ha, comunque, tentato. E non deve assolutamente vergognarsi per un esito non corrispondente alle aspettative (di chi, poi? proprie? altrui?). A volte io nemmeno li annuncio i miei progetti. Faccio. Poi la gente se ne accorge da sola. Questo evita di dover troppe risposte prima o anche di caricarsi di ansie. Non significa non prendere in considerazione pro e contro che, talvolta, alcune persone conoscono meglio di te. A sentire molti motociclisti, non aver potuto-dovuto affrontare nemmeno l’Eroica, eppure la mia Ducatona si è mangiata quella strada senza problemi. Prendere in considerazione il rischio è saggio. Farsi condizionare è un peccato.

Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato?

Non lo so! Davvero, eh! La lingua, ancora, no. Ne parlo varie e dai, su, in Europa ancora ci si capisce! La moto… beh, a parte rialzarla – in barba a tutti i metodi del mondo: quando ci resti imprigionata sotto non c’è santo che tenga: o passano a liberarti o ti mozzi una zampa! -.
Ogni tanto mi ha preso lo sconforto. Mettici la stanchezza, qualche battibecco a casa, qualche imprevisto che possa avermi dato fastidio perché più nervosa, ma difficoltà… fortunatamente, direi di no. Anche perché le poche che ho incontrato le abbiamo risolte tutte, bellamente (io e, soprattutto, le persone che mi hanno aiutata!).
E poi sono una persona decisamente ottimista e ottimistica: se ho risolto, ho già dimenticato ciò che è successo, quindi…
Forse una è la paura di lasciare la moto carica: le mie borse son tutte, necessariamente, morbide e quindi facili al ratto. Sebbene stra legate.

Come sei cambiata in questi anni? Quanto i tuoi viaggi ti hanno cambiata?

Non ho certo iniziato a viaggiare ora, in moto. Tutti i miei viaggi hanno avuto qualche effetto… Che fossero brevi, lunghi, vacanze rilassanti e amene o ricerche più… introspettive. Non so dirti esattamente cosa e come sia cambiata, in realtà. Forse potrebbero dirtelo più le persone che mi sono accanto. Di certo ad ogni viaggio divento più ingorda e meno materialistica: le “cose” mi attraggono meno, sempre meno. E poi che me ne faccio, se poi a casa ci sto poco?! Forse la socievolezza. Da timida che ero fino all’università, pian piano i trasferimenti e i viaggi mi hanno indotta ad aprirmi. La curiosità che mi anima è così forte che ho superato diverse volte l’imbarazzo di interagire con qualcuno!

Una cosa l’ho imparata di certo: bagagli ridotti. Potrei sopravvivere con una 24 ore per due settimane, adesso!
Un tempo avrei portato con me di tutto, invece la necessità di selezionare e di organizzare gli spazi mi ha davvero in-quadrata. Per la gioia di chi si muove con me, adesso. Sto per tornare in Andalucia, ma in aereo: giuro che per quanto mi riguarda, per una settimana, oltre a uno zainetto anche il bagaglio a mano mi pare quasi troppo. Che lusso!

Prossimo viaggio o prossimi progetti?

Progetti, almeno un altro viaggio a breve! Mi piacerebbe arrivare in Oman, in moto, ma c’è la Siria di mezzo ed è impossibile. Ho altre mete ben più complicate, perciò di certo non sarà immediato raggiungerle. Ma nel frattempo sogno e cerco di mettere insieme i pezzi!
E un paio di libri… Mi piace scrivere, cosa nota, e uno dei complimenti maggiori che mi sia stato fatto è che riesco a trasmettere le mie emozioni, con facilità, perciò mi piacerebbe a questo punto congiungere queste cose.
Un’amica una volta mi ha detto che le mie foto e i miei racconti erano i suoi occhi e le sue orecchie. Non potendo viaggiare lo faceva attraverso me. Io mi sono sciolta! Pensare che avevo paura di sembrare eccessiva o presuntuosa nell’inviare racconti e immagini, in chat!

C’è qualcosa che vuoi dire o raccontare, qualcosa a cui tieni particolarmente, che non ti ho chiesto?

“Transire videndo”. Il mio motto, che ormai ho anche tatuato. Sono bulimica, quando viaggio, e mi piace interagire con i locali. Solo in quel modo, secondo me, riesci davvero a penetrare nell’ambiente che attraversi.
Vivere. Viverlo, un luogo…

Ma soprattutto, quand’è che ci facciamo un bel giro in moto io e te, cara amica?

Lucia Vallesi
Copyright MissBiker 2018

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