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Ginocchio a terra: ha davvero senso su strada?

15/09/2022
Marcella Colombari
Pubblicato in: ,

Bentrovate miss! Oggi vi intrattengo con un articolo più leggero, parlando del tormentone per eccellenza dei motociclisti più smanettoni: il ginocchio a terra in strada. Molti biker, proprio come i cavalieri alla ricerca del Santo Graal, non si considerano realizzati finché non riescono a far strisciare per terra le saponette. E attenzione, ci sono passata pure io! Che ho il polso destro pesante, come dire. Quindi non sono qui per giudicare gratuitamente, ma per fare due o tre riflessioni.
Vorrei sapere cosa ne pensiate voi, ma prima aprirò le danze e vi dirò cosa ne penso io.

1) IL SENSO DEL GINOCCHIO A TERRA

Chiariamo subito il primo punto: a cosa serve realmente ‘sto benedetto ginocchio a terra?
Quando siamo in moto e curviamo, a meno che la velocità non sia veramente molto bassa, la forza principale da vincere sarà quella centrifuga (leggete il mio ultimo articolo per vedere bene la tecnica in curve medio/veloci). Questo significa che la moto tenderebbe ad andare dritta, verso l’esterno della curva, per effetto dei suoi giroscopi (le ruote). Da un lato questa cosa ci aiuta: quando siamo in marcia in rettilineo la moto diventa un oggetto stabile, mentre normalmente, a basse velocità o da ferma, tenderebbe a cadere.
Però quando è ora di curvare, dobbiamo vincere questa stabilità e il nostro compito è quello di mantenere costante il baricentro moto/pilota che altrimenti verrebbe alterato dalla forza centrifuga.
Paroloni? Insomma, dobbiamo aiutare la moto a curvare, e stare all’interno della curva col peso che fa il nostro gioco.

E ora un accenno di guida sportiva: cosa succede se curviamo molto veloce, o molto stretto a parità di velocità? Che dobbiamo piegare molto e stare molto all’interno con corpo e peso. Quello che si vede in pista, giusto? Ecco, appunto.
Quando si è ad un angolo di piega estrema, dove si usano completamente gli pneumatici fino alla spalla, dove il corpo (busto e bacino) è all’interno della curva, e dove stiamo spingendo forte sulla pedana interna con l’avampiede, come facciamo a capire quanto stiamo piegando e quanto manca? Lo capiamo quando il ginocchio comincia a strisciare. Questa è una chiara indicazione che ci stiamo avvicinando al limite ultimo della moto. Se abbiamo fatto tutto bene, la moto sarà bella stabile e scorrevole. Tutt’altro che una situazione terrificante nell’ambiente giusto, anzi, è molto gratificante. Anche se quando si sente la prima grattata, una strizzatina di sedere la si prende!

Occhio però che anche in questo caso il senso non è mettere giù il ginocchio ma curvare e anzi, dobbiamo strisciare per terra il meno possibile, perché idealmente dobbiamo piegare meno tempo possibile. Per quale motivo? Perché avere la moto più dritta ci aiuta a scaricare meglio la potenza, su una porzione di pneumatico più adatta. L’angolo di piega massima dura poco.

Se osservate la foto dell’articolo, in quella curva a Misano il mio ginocchio si era già staccato, lo stavo riportando su e stavo accelerando. In sostanza la curva era già finita (una curva sportivamente parlando finisce quando comincia il rettilineo, cioè quando cominciamo ad accelerare).

Non mi interessava continuare a strisciare il ginocchio, ma uscire più forte possibile dalla curva. E per fare questo, era nel mio interesse raddrizzare la moto.

Proprio così, raddrizzarla! Come ho già spiegato nell’articolo sulla piega, stare fuori col corpo aiuta la moto a stare più dritta. Esatto: per ottenere lo stesso baricentro, possiamo piegare di più la moto (più pericoloso perché si usa di più la gomma, fino ad avere poco margine, soprattutto se stiamo finendo di frenare, o accelerando) oppure uscire di più col corpo e tenere la moto meno inclinata. 

La tecnica da usare in strada è concettualmente simile ma molto meno estrema: le gambe rimangono chiuse e aderenti al serbatoio, il sedere non si sposta, solo il busto esce. Così abbiamo la fisica dalla nostra parte, la moto è sotto controllo e curva volentieri e in fretta, ma c’è tanto margine. 

Nel caso sopra citato, invece, pieghiamo tanto, ci sporgiamo tanto e poi acceleriamo forte, dato che stiamo guidando sportivamente e cercando il limite della moto. E se facciamo tutto bene, sentiamo quel bel rumore di strisciamento sotto il nostro ginocchio…

2) PECCATO CHE NON TUTTI I GIORNI SIA NATALE

Stava andando tutto troppo bene, no? Proprio così: stavamo parlando di una situazione da “atmosfera natalizia”. Tutto troppo perfetto, e infatti parliamo di condizioni da circuito:

  • bisogna che l’asfalto sia uniforme, in condizioni perfette e con un forte grip
  • il raggio della curva deve permetterci una velocità medio/alta
  • dobbiamo avere spazio e tempo per estenderci fuori dalla moto e poi ritornare su, o dall’altra parte
  • la visibilità dev’essere perfetta, oppure dobbiamo sapere che al di là della curva non ci sia nulla
  • in pista, ad esempio, sappiamo già che il traffico va tutto da una parte: nessuno va contromano
  • abbiamo ampie vie di fuga in caso di errore o di imprevisto (un’altra moto che cade davanti a noi)
  • gli pneumatici sono perfettamente caldi (quando togliamo le termocoperte sono minimo a 80°C)
  • stiamo facendo sport. Il che vuol dire che abbiamo un buon allenamento (o dovremmo)
  • la nostra mente è unicamente concentrata sulla guida sportiva, perché l’ambiente ce lo permette
  • una sessione di guida in pista dura 20 minuti, o 30-40 minuti se si tratta di una gara (venti minuti possono sembrare pochi ma, ve lo assicuro, fisicamente e mentalmente ci si stanca molto prima se non si è atleti e/o se non si va in pista un minimo di una o due volte al mese)

Praticamente, se tutte queste circostanze accadono contemporaneamente, per un motociclista è Natale! Tutto è perfetto, si può fare guida sportiva in sicurezza.

3) E QUANTE VOLTE, IN STRADA, E’ DAVVERO NATALE?

Zero. Zero giorni all’anno è Natale, in strada. Il senso di imparare a guidare in strada non è quello di portare al limite il nostro veicolo, ma quello di fare il meglio di cui noi e la moto siamo capaci, rispettando l’ambiente in cui ci troviamo.
E’ troppo facile parlare di imprevisti, quando si tratta di situazioni quotidiane che succedono in continuazione. Se consideriamo come imprevisto qualcosa che è molto probabile che accada, è perché non lo stiamo rispettando a sufficienza.

Ecco alcune delle situazioni che capitano regolarmente su strada:

  • asfalto con poco grip
  • toppe nell’asfalto, che possono essere trasversali o longitudinali, oppure buche o avvallamenti
  • rami, foglie, rivoli d’acqua, asfalto bagnato in un tratto all’ombra
  • il pirla che invade la nostra carreggiata (assicuriamoci sempre di non essere noi quel pirla)
  • un qualunque incrocio, dove si stia immettendo qualcuno che non guarda bene
  • il pirla che fa inversione in un punto pericoloso, amico di quello che va contromano
  • un gatto, lepre, fagiano, cane, daino che si butti in strada quando stiamo passando (i primi quattro mi sono capitati, il quinto per fortuna no ma non lo escludo)
  • brecciolino, terra o gasolio nel punto in cui siamo alla massima piega
  • stanchezza fisica per qualunque motivo, dal numero di km percorsi all’aver dormito poco
  • stanchezza fisica 2: sporgersi dalla moto continuamente è faticoso, e richiede spazio e allenamento
  • stanchezza mentale: mantenere la concentrazione alta per molto tempo è faticoso
  • varietà totale nelle curve, da battezzare a colpo d’occhio, e mai una che si ripeta uguale
  • di solito un percorso stradale lo facciamo una volta, non lo ripetiamo tante volte come in circuito
  • anche se rifacessimo lo stesso percorso, chi ci dice che non sbuchino una macchina o un cane?
  • spazio e tempi di manovra limitati nella maggior parte delle curve

Guidare una moto su strada, insomma, è un’arte imperfetta. Dobbiamo sapere come guidare ed essere in controllo della moto, e lasciare abbastanza margine per non cadere stupidamente dato che l’ambiente è pieno di fattori avversi.

4) MA ALMENO E’ DIVERTENTE ‘STO GINOCCHIO A TERRA?

Nella mia esperienza, se parliamo di strada, no. Non è particolarmente divertente. 

Mettere il ginocchio a terra diventa più un’ossessione che altro, e vedo molta gente che si sporge malamente, aggrappandosi ai manubri pur di buttare fuori culo e ginocchio (e se mi leggete, saprete che non bisogna mai aggrapparsi ai manubri: gambe solide, braccia morbide sempre).
Ma c’è anche gente che sa quello che fa, e magari è pure atleticamente, psicologicamente e tecnicamente preparata per guidare una moto in maniera sportiva senza venirne sopraffatta mentalmente o fisicamente.
Esistono curve dove si riesce a strisciare col ginocchio in strada? Certo. Alcune curve hanno visibilità completa, un buon raggio e un ottimo grip. Ha senso farlo in strada? No. 

Ci vuole più tempo per recuperare, da una posizione come quella ginocchio a terra. Più tempo uguale più spazio e anche più fatica, dato che è uno sforzo atletico. Abbiamo forse tanto tempo o tanto spazio da sprecare, in mezzo alle curve in strada? Molto raramente. E lo stile a gambe chiuse, dove muoviamo solo il busto (quello di cui parlo nell’articolo precedente) ottiene praticamente lo stesso risultato in termini di efficacia, ma con notevole economia di movimenti e fatica, e con molto più margine.
Quindi è più sostenibile durante tutto il viaggio, e vale la pena concentrarsi nel migliorare quella tecnica e farla diventare il nostro standard. Certo, non potremo mai raggiungere la stessa velocità in curva, ma in strada non è la performance assoluta quella che dobbiamo cercare, anche perché le condizioni non ci permettono questo lusso.

Poi dipende molto da quello che cerchiamo. Fondamentalmente, se cerchiamo la bellezza del gesto, può sembrare gratificante eseguire tutta la catena di azioni e fare una piega da copertina. 

Oppure una curva in particolare ci si chiude la vena, vediamo che le condizioni sono buone e vogliamo farla più sportiva.

Però dobbiamo anche ricordarci dove siamo, e lì per me crolla tutto l’incantesimo. Possiamo essere bravissime a guidare, ma in strada non siamo nel posto giusto per le pieghe estreme.

Tutte sappiamo correre, le gambe le abbiamo e funzionano, ma ci metteremmo forse a correre nella galleria di un centro commerciale? Magari a perdifiato? Certo, otterremmo l’immediata attenzione di tutti i presenti, ma che senso ha? Oltre al fatto che possiamo andare a sbattere contro qualcuno, e qui torno al punto precedente: il senso di guidare in strada è rimanere in sicurezza, pur guidando con una buona tecnica.
Capiterà di giocarsi dei jolly, ma andarsela a cercare non è intelligente.

Sarà che sono invecchiata, ma mi diverte più l’idea di una guida sportiva poco stressante, meno faticosa e con più margine (busto fuori, culo al centro, gambe chiuse) che la posa plastica da pista. Aumentare sostanzialmente le probabilità di tornare a casa con ossa e moto intatte, per il mio gusto personale, rende il viaggio più divertente e meno stressante. Senza sacrificare la guida sportiva.

Ora, volendo fare dei conti, per quanto riguarda l’utilità in strada del ginocchio a terra, da 0 a 10 potrei dare un -1. Infatti ciò che non serve a nulla, in moto, non è sempre innocuo: può pure essere dannoso!

Aggiungiamo un piccolo dettaglio: il ginocchio a terra in strada è considerato guida pericolosa e punibile con sanzione amministrativa.

Se volete attirare l’attenzione e l’antipatia di una pattuglia, cose tipo sdraiarsi sul serbatoio come in rettilineo al Mugello, o impennare, o mettere il ginocchio a terra, funzionano benissimo! Avete la loro attenzione! Buon divertimento.

5) CONCLUSIONI SUL SACRO GRAAL

Una bocciatura su tutti i fronti quindi… e con questo si chiude il discorso? Assolutamente no.
Guidare una moto sportivamente, tirarle il collo, staccare in fondo a un rettilineo, piegare ad alta velocità e sorpassare altre moto… queste sono emozioni incredibili. La guida in pista è la più grande figata che mi sia capitata, e se sentite la voglia di correre come la sentivo io, non c’è niente di sbagliato. Fatelo, vi divertirete come mai in vita vostra.  Quindi prima di tutto trovate un posto adatto per farlo. Credetemi, non occorre essere per forza ricche, anche se la pista è obiettivamente un hobby costoso.

Ma un corso di guida in pista non è un costo esagerato, ed è il primo passo per migliorare di brutto la vostra guida e fare il famoso, meraviglioso “battesimo” della pista e della saponetta a terra. Poi ricordatevi che esistono le minimoto. Già! E sono divertenti da matti. Esistono i kartodromi, o le piste appena più veloci ma che non siano circuiti da motomondiale. E costano molto ma molto meno che andare al Mugello. Esistono i motard: estremamente meno costosi di una moto da velocità, altamente vandalici, girano su circuiti poco costosi e anche una carriera sportiva con un motard costa ¼ che con una moto da velocità. E infine, naturalmente esistono le piste da velocità. In Italia siamo fortunatissime a riguardo: ne abbiamo tante, ma le più famose hanno nomi come Misano, il Mugello, Imola. 

Come andare a Gardaland, solo che guidi tu.

Mi vengono i brividi a pensarci, e non posso che dirvi: se sentite quel prurito e vi piace andare forte, trovate l’ambiente giusto e imparate a farlo bene. Una volta che avrete messo giù il ginocchio in pista, non vi verrà più in mente di farlo in strada. Parola di smanettona!
Oltre al fatto che, come nel caso del Sacro Graal, quello che conta è la ricerca e non l’obiettivo, il viaggio e non la destinazione. La pulizia e tecnica di guida che portano al ginocchio a terra, e non viceversa. Quindi, chi è pronta per questa ricerca prepari subito armatura e cavallo! Vi attendono grandi imprese care miss, ma come sempre scegliete bene il vostro campo di battaglia.

E voi, avete mai messo il ginocchio a terra o vorreste farlo? Ditemi cosa ne pensate!

Marcella Colombari

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