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I momenti più emozionanti in moto: pista e cross

02/01/2023
Marcella Colombari
Pubblicato in: ,

Bentrovate miss! Ho latitato un po’, dopo essere scappata dalla palude ferrarese per trasferirmi tra i boschi e gli gnomi, ma sono ancora qui.
Un solo articolo non mi bastava per esaurire tutti i ricordi più belli (l’altro lo trovate a questo link), e quindi oggi ve ne sparo degli altri, tutti presi dalle mie esperienze sportive. Qui vi parlo di fuoristrada e di pista, sperando di farvi incuriosire.

Se avete dei ricordi sportivi in moto e volete condividerli nella community di MissBiker, tiratene fuori più che potete! Intanto, diamo il via alle danze.

La pista per biglie, i traversi e il salto della Gazzetta

Un’evoluzione inaspettata della mia vita da biker è stato il motocross. Volevo migliorare le mie abilità in strada e in pista, e tutti mi dicevano che le moto da fuoristrada mi avrebbero aiutata moltissimo a sviluppare equilibrio, confidenza, controllo del gas e perdite di aderenza.

Niente comunque mi ha preparata al primo impatto: eravamo in un campo di terra piatta e morbida, con queste moto scheletriche, tutti vestiti in quel modo strano e leggerissimo e con quegli stivali che sembravano scarponi da sci. Era gennaio, c’erano dieci gradi e sinceramente avevo un bel freddo. Ma un minuto esatto dopo essere salita in sella, stavo sudando! Una fatica bestiale! Sicuramente la metà della fatica che facevo era dovuta alla tensione, perché ero in un ambiente nuovo e, in quel momento, abbastanza ostile. Ma comunque anche una volta presa più confidenza, posso confermarvi che il motocross è un allenamento pazzesco! Si fa una fatica da orsi, ecco perché l’abbigliamento è così leggero anche in inverno.

Però che bomba! Immediatamente, girando in tondo, sono arrivate le prime derapate, che a quella velocità, non erano niente di spaventoso (parliamo di 10-15km/h) e in breve tempo ho cominciato a divertirmi, non prima di aver fatto alcuni scivoloni per terra. Apro una parentesi tutt’altro che scontata su uno degli aspetti più furbi del motocross per principianti: si va talmente piano, per terra è talmente morbido e le protezioni sono così efficaci che non ci si fa proprio niente se si scivola a quelle velocità. Le moto stesse sono dei carri armati, non si fanno niente se volano per terra. Per contro, anche una stupida scivolata da ferme su strada provoca sempre danni costosi. Invece, ai livelli base dei corsi fuoristrada si guida molto più in sicurezza, quindi a mente più sgombra, e di conseguenza si impara meglio e più in fretta.

Quindi in men che non si dica stavo facendo una cosa che mi è sempre sembrata impossibile, cioè guidare in derapata su due ruote. Fighissimo!

Ma andiamo avanti, perché i momenti più memorabili sono arrivati dopo che ci siamo spostati nel pistino da cross lì a fianco. Nelle piste da cross, la maggior parte del tempo, i bordi del tracciato non sono aperti e con vie di fuga, ma delimitati da delle sponde di terreno rialzate, come una specie di gigantesca pista per biglie a misura di moto.
E come nelle piste per biglie, molto spesso quelle sponde si possono usare, ci si può viaggiare sopra!
“Prendere una sponda” per chi non ha mai fatto cross, vuol dire salire con le ruote sulla parete della pista, con la moto quasi parallela al terreno. Vi dirò di più: tra le varie traiettorie in curva nel motocross, la sponda è il modo per percorrere le curve più velocemente possibile! Esattamente come sulle curve paraboliche.
Ok, quando arrivi a prendere la prima sponda non sei -così- inclinata, ma comunque fa impressione se sei abituata a guidare in strada: non ti verrebbe mai in mente di salire sulle pareti di un tunnel, per dire.

Se non avete esperienza di fuoristrada vi sembrerà un numero da film (e per favore non provate a farlo davvero in un tunnel), ma vi assicuro che non è una tecnica avanzata. Ovviamente non lo farete al primo giorno di corso, ma si fa eccome.

Ma andiamo avanti, perché il momento che mi ricordo con più piacere è stato… il salto della Gazzetta. Si tratta di un battesimo obbligatorio per chi fa motocross (un po’ come toccare con la saponetta in pista). Quel magico momento in cui prendi la rampa per un salto un po’ più forte e finalmente le tue ruote si staccano entrambe di tipo due centimetri… hai saltato la Gazzetta! Da fuori fa abbastanza ridere, ma a te sembra di aver scalato una montagna.

Il passo successivo è… saltare il dizionario. Poi l’enciclopedia.
Non mi ricordo quali fossero gli altri step, ma se c’è qualche crossista tra di voi attendo dettagli!

La curva che non esiste, quella che c’è ma non si vede, il ghiaione e le montagne russe 

E veniamo alla pista, il mio ambiente preferito. Potrei parlarvi della prima volta ginocchio a terra, ma sarò onesta: non mi ha emozionata così tanto. Strano perché finché non ci riesci, può diventare un’ossessione (come vi dicevo nell’articolo Ginocchio sì, ginocchio no), eppure il battesimo della saponetta non mi è rimasto particolarmente impresso. Vai a capire.

Sono però certa che i primi ricordi incredibili siano stati a Misano.
Era la prima volta che andavo in pista, non avevo ancora fatto nemmeno un corso di guida (fatelo!!) e avevo scelto un circuito decisamente troppo veloce per iniziare, ma come tanti altri motociclisti autodidatti, venendo dalla strada mi sentivo abbastanza sicura dei miei mezzi anche se la realtà -neanche a dirlo- era molto diversa. 

Comunque, ero curiosa di girare su un circuito da motomondiale, e soprattutto di vedere il famigerato Curvone, conosciuto tra gli appassionati come una delle più famose curve “da pelo”. Il che a pensarci mi faceva anche un po’ schifo: “posso farla anche se non ho i peli?” pensavo. Tutta ‘sta fatica e dolore per depilarsi e poi va a finire che i peli ti facevano andare più veloce? Famme capì.

Vabbè insomma, torniamo a noi: i primi due-tre giri erano andati, e se questo luogo mitologico pieno di peli esisteva davvero, mica avevo capito dove fosse. Mi aspettavo una roba tipo illuminazione mistica, un momento catartico in cui ti riscopri una nullità in confronto agli Dei della Guida, ma nessun punto del tracciato mi aveva dato questa sensazione. Nessun cartello “Benvenuti al Curvone”, nessuna luce abbagliante né musiche celestiali, niente peli sparsi in giro, nulla. 

Finché non ho realizzato che… nel circuito c’era una curva in più.
Già, proprio così. Quello che mi sembrava un rettilineo un po’ storto, era in realtà il Curvone di cui si narra nelle saghe. Devo dire che ero piuttosto perplessa. Ma girando con il gruppo degli amatori (cioè tutti quegli scappati di casa che stanno provando ad andare in pista per la prima volta, sono tutti egualmente terrorizzati e vanno più o meno tutti piano), la mia immagine del mondo era per forza falsata.
Molti nemmeno piegavano passando di lì, il che vuol dire che non ero l’unica a non aver capito il giochino. Ma questa non era una consolazione: volevo capire come si faceva!
Ho cominciato giro dopo giro a cercare di fare dei passaggi più veloci e in effetti mi sono trovata finalmente a piegare, a piegare sempre di più, fino a delle velocità che in quel momento mi sembravano di tutto rispetto (oggi ci rido su, ma era pur sempre il primo giorno in pista). Hai voglia se era una curva! Bastava solo prenderla più forte. Mi ricordo che stavo vedendo i 190/h ma avevo ancora la sensazione di starle facendo il solletico. Quindi ne ho fatto una questione di principio, giro dopo giro, finché non ho letto cifra tonda sul tachimetro: i 200 all’ora in curva!
Ed ecco che, in quel preciso istante di gloria, una moto mi ha sorpassata all’esterno, in uno spazio che non credevo nemmeno esistesse, usando tutto il cordolo e passando oltre come se io non esistessi, a una velocità che sarà stata almeno 15-20km/h in più della mia.

In quel momento di totale umiliazione motociclistica, è davvero arrivata l’illuminazione: ho capito che… non ci avevo capito una mazza. Mi sono sentita una fermona, un paletto piantato in mezzo all’asfalto. E ho capito che da lì iniziava veramente il mio percorso di guida sportiva: c’era da rimboccarsi le maniche, studiare, fare corsi, guardare i più veloci e capire cosa facevano di diverso da me. 

Fantastico! Alla fine, il mitico Curvone mi aveva rimessa al mio posto, e così facendo non mi aveva delusa neanche un po’.

Vie di fuga

Il secondo ricordo indelebile di Misano è… il ghiaione. Chiunque abbia girato in pista, prima o poi ha dovuto farci amicizia con le buone o con le cattive. Di solito lo si incontra quando, invece di curvare, si va dritti. E quel giorno l’ho incontrato più di una volta, anche se sempre con le buone, per fortuna.
Mi ha subito fatto capire la differenza più grande tra la pista e la strada, che non sono i cordoli e non è l’asfalto con un grip pazzesco, ma sono le vie di fuga. In pista si può sbagliare anche ad alte velocità, perché c’è lo spazio per farlo.
Ora, come dicevo, sono finita fuori più di una volta (pur rimanendo in piedi per fortuna). L’ultima volta mi è venuto da ridere e ho proprio salutato il commissario che presidiava la curva della Quercia dicendogli: “sì sì, sono ancora io”.

Ma come mai tutti questi errori? Beh, prima di tutto era il mio battesimo della pista ed ero fondamentalmente una schiappa, molto curiosa di imparare ma pur sempre una schiappa. Avevo letto dei libri di guida e provato a migliorare la mia tecnica, ma in strada ci sono grossi limiti ovviamente, quindi dovevo ancora mettere in pratica un sacco di cose che avevo visto solo su carta.

Ma c’era anche un grosso limite della moto, anzi due: le pastiglie dei freni e le gomme. Entrambe erano ottime su strada, ma in pista erano semplicemente inadeguate. L’asfalto ha un grip pazzesco, e la sensazione nelle prime curve è che ti strappi letteralmente le gomme da sotto la moto. E’ stranissimo, le senti muovere tantissimo e non ti sembra nemmeno la stessa moto. Ma non a caso le gomme che vanno bene in strada, non vanno bene per i circuiti, perché sono più morbide di carcassa (in strada ci sono le buche e le devono assorbire) e perché la mescola è studiata per durare migliaia di km, non certo pochi turni o un paio di giornate al massimo.
Aggiungo il non trascurabile dettaglio che era piena estate (luglio), c’era un caldo boia e questo ha fatto immediatamente surriscaldare e andare in crisi gli pneumatici, la cui pressione in pista infatti va abbassata parecchio (non solo in estate). Ma vi prego non ascoltate il tizio al bar, chiedete consiglio al gommista, in pista ce n’è sempre uno e di solito non morde.
Più avanti e con molta più esperienza sono riuscita a girare con gomme stradali facendo tempi vagamente guardabili, ma confermo che non è un gran divertimento e che ci si sente sulle uova tutto il tempo. Usate delle gomme adatte.

In più come dicevo, in pista devi frenare veramente. Nessuna esperienza in strada ti preparerà alla prima staccata in pista, semplicemente perché in strada non ci sono gli spazi per farlo e quindi per forza di cose certe manovre non le hai mai provate, non ci hai fatto pratica. Certo, esistevano degli esercizi e già avevo letto qualcosa sulla tecnica, ma ero stata troppo pigra per andare in un parcheggio a fare delle prove (ho scritto apposta l’articolo La Frenata, questa sconosciuta con tanto di esercizi pratici, per evitarvi questo inconveniente).
Anche se mi fossi esercitata, però, non ero pronta psicologicamente al fatto che la moto potesse cuocere le pastiglie così in fretta: da un giro all’altro gli spazi di arresto si allungavano un bel po’, e col caldo i freni non si raffreddavano. Naturalmente, dato che man mano che giravo volevo cominciare a fare la furba e superare la gente in staccata, più di una volta sono finita per prati senza aver capito il perché. Un paio di pastiglie racing (meglio ancora con dei tubi in treccia) avrebbero risolto il problema e con pochi soldi mi sarei risparmiata degli spaventi. Potrei andare avanti con le modifiche da pista, prima di tutto con le sospensioni e il relativo assetto. Ma se volete divertirvi in pista, avrete capito che almeno pneumatici, pressioni e pastiglie dei freni vanno cambiati.

Considerate l’opzione di noleggiare una moto già preparata, se non volete stravolgere la vostra moto stradale, anche perché poi dopo la pistata la dovreste rimettere come prima: le pastiglie racing in strada non fanno il loro lavoro (devono essere molto calde per frenare, e sono poco progressive), e le gomme racing sono nettamente sottoperformanti in confronto alle stradali: non si va “più veloci” in strada con delle gomme che entrano in temperatura a 80°C e da fredde non tengono e non frenano niente. 

Il Mugello

Bene, ora veniamo ad un’altra pista mitologica: il Mugello. Non riesco a credere quanto fortunati siamo in Italia ad avere dei circuiti così incredibili a portata di mano.
Il primo giro che ci fai è memorabile: me lo ricordo come se fosse ieri, e appena arrivi alla Casanova-Savelli e alle due Arrabbiate ti sembra di essere sulle montagne russe… solo che guidi tu. E da lì in poi vuoi imparare a farlo di nuovo, ma meglio e più forte. E intendo… molto più forte! 

Il rettilineo del Mugello infatti è il più veloce di tutto il circuito della MotoGp, quindi del mondo. Alla fine di ogni rettilineo che si rispetti, naturalmente, c’è una curva e questa (la San Donato) è famosissima anche perché… mica la vedi. Già, perché a un certo punto la pista -simpaticamente- scollina! Ai 100 all’ora non sarebbe un problema, ma lì la velocità non è proprio quella… la prima volta stai col casco tutto fuori dal cupolino per capire quando cavolo devi frenare, dato che lì da principianti si arriva attorno ai duecento (ma proprio la prima volta eh, da principianti assoluti). 

Nella foto dell’articolo, ero proprio in quel preciso punto (ma un paio d’anni più tardi e qualche km/h in più). Guardate la velocità e ditemi se vedete la curva… Capite adesso il dilemma?? Quando cavolo devo frenare? E quanto forte?

Ora, anche se torturarvi un po’ con queste immagini può essere divertente, la mia intenzione non è quella di terrorizzarvi ma al contrario di farvi venire curiosità. La risposta alle domande di cui sopra esiste, eccome se esiste. E non c’è un modo solo di affrontare quella staccata e la curva dopo, ma si può impostare in tante maniere. Come scriveva Keith Code, le piste sono disegnate dagli ingegneri col preciso scopo di mettere alla prova le nostre abilità di guida. 

Sono un rompicapo.

Per quanto difficile sia un circuito, un settore, una frenata o una curva, sicuramente c’è qualcuno che riesce a risolvere prima il puzzle. E’ lì che bisogna cercare le risposte, guardando chi va più forte di noi e cercando di capire come fa.
Anche la guida del pilota più abile non è un dono di natura ma è frutto di un percorso, che non finisce mai. Nessuno alle prime armi -dico nessuno- si butta alla San Donato a duecentocinquanta all’ora. Quindi certo, la prima volta che girerete al Mugello sarete tutti in piedi sulle pedane in mezzo al rettilineo per vedere quella benedetta curva, frenerete molto prima del dovuto e in generale andrete per gradi, credetemi. Ma già vi starete divertendo in maniera incredibile, che è poi il senso di tutto.
E anche se al momento sembra impossibile, pian piano si impara. Cercate degli organizzatori che dividano i partecipanti per abilità, in modo da girare sempre con persone al vostro livello. E’ più divertente e più sicuro per tutti. Dopodiché, se non capite come migliorare, chiedete a quelli che vanno un po’ più forte di voi (non c’è bisogno di scomodare i piloti all’inizio), e vedrete che ci saranno un sacco di cose che non avevate capito e un sacco di pezzi da aggiungere al puzzle della vostra guida.

E imparerete a conoscere davvero la vostra moto! All’epoca della foto era un anno che avevo preso una discreta confidenza con la mia Funky Shit (una GSX-R 750 del 2003 tutta da pista), che era una vecchietta già all’epoca coi suoi 15 anni di età, ma mi stava facendo togliere un sacco di soddisfazioni, e per il mio livello andava benissimo. Era una moto didattica. Un po’ pesante e goffa per gli standard moderni, faticosa in frenata, ma poi stabile e prevedibile in curva e con un gran motore. E tutta gialla… mai avrei pensato di prendere una moto gialla, ma l’ho trovata così. Non avrei pensato nemmeno a una Suzuki, in quel periodo stavo cercando una R6 pronto pista, ma costavano tutte troppo. Diciamo che Funky… è capitata. Ma ho finito per adorarla, mi metteva una grande allegria e si è rivelata una gran moto!

Uno dei ricordi più belli che ho è proprio questo: la moto su cui avevo meno aspettative, è diventata la mia preferita e la compagna di avventure più fidata. Il che mi ha fatto capire che nonostante tutto di moto continuavo a non saperne nulla, in senso positivo: cioè che c’era ancora tutto un mondo da scoprire!

Bene, come al solito ho parlato abbastanza ma ora aspetto le vostre testimonianze!

Qualcuna ha dei ricordi indimenticabili di guida in pista o fuoristrada?

Scrivete! Alla prossima

Marcella

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